Shin Mao Vol 1 Cap 1

 

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Capitolo 1
La strada per conquistare la vostra nuova sorellina

Ancora una volta un sogno che riguardava quel periodo.

La sua coscienza fluttuava tra i ricordi passati, Basara si rese conto di sognare. Un profondo rosso sangue. Gli occhi folli di quel colore stavano guardando in basso verso il Basara del passato.

Le voci rabbiose di una folla. La voce di un prezioso amico che grida sullo sfondo. In mezzo a tutto ciò, una figura nera si avvicinò.

«…».

Incurante di tutto quello che aveva intorno.

Doveva fare qualcosa. Era tutto quello che aveva pensato.

Ma la mente di Basara era stata spinta al limite dalla tragedia che stava accadendo davanti ai suoi occhi.

E un attimo dopo, tutto sfumò in un bianco.

La sua coscienza lentamente si spense. Non sapeva se era stato salvato o no.

Basta. Basara aveva sentito il grido di qualcuno alla fine.

Basara Toujou non aveva mai dimenticato quelle parole. Anche adesso se le ricordava.

Il grido piangente di una donna. Ripetuto all’infinito. Come se fosse stata una maledizione.

Disse: «Per favore, riportate indietro quel bambino».

 

 

«Ah… ah…».

Basara aprì gli occhi ansimando affannosamente. Nel momento in  cui guardò il soffitto, si rese conto di essersi svegliato.

Respirando profondamente riuscì a calmare il battito accelerato del suo cuore.

Non importa quante volte lo sogno, non riesco ad abituarmi… Stando sul letto a pancia in su, Basara fissò la propria mano destra che aveva portato al volto.

«Ah… in qualche modo è ancora difficile respirare…».

Anche se oramai si era svegliato dal suo sogno, ancora non riusciva a respirare correttamente.

«Ah, finalmente sei sveglio».

Una voce improvvisa. Quando abbassò lo sguardo, sopra alla sua coperta estiva che aveva usato al posto del copriletto normale, una ragazza era montata sopra Basara, dove i suoi fianchi erano avvolti dalle cosce di lei. Aveva messo le mani sul petto e stava mostrando un’espressione maliziosa. Quella ragazza, Mio Naruse, aveva abbassato lo sguardo su Basara.

«Buongiorno».

«…buongiorno…». Basara rispose al buongiorno di riflesso.

O Mio era semplicemente troppo leggera, o era stato a causa della coperta, ma non poteva davvero sentire solo quel peso.

Eppure quel pensiero terra-terra aveva fatto ritornare la sua mente all’attuale situazione.

Che lui e lei avevano iniziato a vivere insieme da ieri.

I traslocatori erano stati invitati a imballare tutto e ad inviare lì tutte le loro cose, il tutto pagando un extra. Avevano fatto un ottimo lavoro, e anche velocemente. Era passata una settimana dal loro primo incontro al ristorante.

Le famiglie Toujou e Naruse avevano iniziato tranquillamente la loro vita insieme dopo aver affittato una sola casa. Ma…

«Ehm… cosa stai facendo?».

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«Che cosa chiedi… svegliarti, naturalmente. Ho pensato che un ragazzo come te sarebbe stato felice di essere svegliato in questo modo».

Sulla domanda non intenzionale di Basara, Mio sorrise: «È un servizio».

Molto probabilmente Mio stessa aveva inteso ciò in quel modo, ma

quello era stato decisamente un servizio.

Di solito in questi casi si dovrebbe stare sulla parte sopra lo stomaco. Ma forse perché lei non era riuscita a capire bene come si era messo a causa della coperta, Mio si era seduta sui fianchi di lui. Era proprio in una posizione da cow-girl.

Inoltre si trovavano in piena estate. La stagione in cui i vestiti di una ragazza sono cortissimi.

In poche parole, lei era quasi svestita.

L’abbigliamento di Mio quella settimana era stato un top a metà tra un reggiseno e una canotta e dei pantaloncini. Le cosce di lei, esposte, stavano catturando i suoi occhi e la sensazione di lei sopra di lui era il massimo.

Ma ancora più importante, gli occhi di lui erano attratti da un altro posto.

…di sicuro sono enormi.

Ci pensava da quando l’aveva vista la prima volta al ristorante. I seni di Mio erano piuttosto ingombranti. I suoi voluminosi rigonfiamenti spingevano il piccolo top ad avere un’elevata elasticità… in tutti i sensi.

Il solco tra i seni, dove più dita ci s’insinuerebbero, non poteva  essere ignorato, ma come effetto collaterale delle sue enormi tette, una curva enorme di nuda pelle era mostrata sulla parte superiore del reggiseno.

«Ehi, smettila di fare una faccia da idiota e alzati».

«S-Sì». Che cosa fare? Lei stessa sembrava che non si fosse accorta che ogni volta che metteva le mani sopra il petto di lui, il seno si muoveva dandogli una bellissima vista. Inevitabilmente Basara non si mosse.

«Ehi, ti vuoi già alzare o… eh?».

All’improvviso lei sembrò notare qualcosa. Sul suo volto comparve un’espressione dubbiosa. Poi con una mano tentò di confermare quella sensazione.

«Ehi, sto forse sentendo qualcosa di duro qui sotto?».

Oh mio Dio… Basara inclinò la testa. Forse il suo sedere sui miei fianchi aveva prodotto un effetto collaterale?

«Ehm, è questo quell’effetto fisiologico unico che i ragazzi hanno?».

«N-No! Mi chiedo cosa sia… forse il mio cellulare?».

Sì, Basara si era ricordato. La scorsa notte non era riuscito a prendere sonno, così aveva giocato sulla consolle portatile. Ad un certo punto si era addormentato, ma la console doveva essere rimasta lì. Ma comunque…

«Sono felicissimo che sei venuta a svegliarmi, ma non sei seduta sul mio stomaco, ma sui miei fianchi. Quando una ragazza si siede lì, potrebbe succedere un vero e proprio fenomeno fisiologico, e in quel caso non potrei esserne ritenuto responsabile».

Alle parole di Basara, il volto di Mio divenne completamente rosso. Deve aver notato di essersi posta in maniera da non potersi difendere da lui. Pensò che certamente sarebbe saltata via in preda al panico da quella situazione.

«S-Sì, in effetti… io non posso negare che… sei u-un ragazzo… dopotutto…».

Sorprendentemente aveva resistito. Molto probabilmente voleva rimanere emotivamente superiore a Basara, ma era piuttosto ovvio che fosse agitata. A quanto pare si trovava bene quando le cose andavano come voleva lei, ma era debole quando prendevano una piega da lei non prevista. Quindi per provarlo, Basara decise di prenderla un po’ in giro.

«Ora credo che mi debba alzare».

«Eh?! Ti stai alzando?».

Basara annuì a Mio, che subito aveva iniziato ad essere irrequieta.

«Non posso stare qui sopra ad oziare per sempre. E tu ti sei presa anche la briga di venire a svegliarmi…».

«G-Giusto… m-ma…».

Basara sorrise con ironia a Mio, che mostrava un’evidente agitazione. Mentre alzava lo sguardo verso Mio, disse:

«Se è così preoccupante per te, la prossima volta mi puoi anche svegliare normalmente, non sedendoti sui miei fianchi».

L’aveva pensata come un delicato avvertimento, ma Mio aveva fatto una faccia rossa e frustata.

«Io non sono turbata… è solo un fenomeno fisiologico».

Era ostinata, ma in un modo strano. Basara non ebbe modo di fermarla.

«Suvvia, alzati!».

Afferrò la coperta di Basara e la tirò via.

Su questa, un qualcosa era schizzato fuori dalla coperta in direzione di Mio.

«…eh?».

Inavvertitamente fu preso al volo da Mio. Non era né un cellulare, né una console di gioco. E non era nemmeno un fenomeno fisiologico. Era un qualcosa che era stato messo sul suo inguine ed era stato sparato fuori quando Mio aveva tirato la coperta.

Cos’era? Gli occhi di Basara caddero su una custodia di plastica. Una custodia usata dalle software house, un gioco o un programma. Il davanti della confezione era visibile a Basara.

Il nome del prodotto con una ragazza carina in copertina era: “Youth Special Edition – La mia nuova sorellina e io”.

Un gioco su una sorellina.

Mio urlò perdendo l’equilibrio e cadendo dal letto. Aveva lanciato via il gioco, il quale cadde sullo stomaco di Basara.

«Ehi, Mio, tutto okay?».

Al che si rese conto della confezione capovolta, il retro del gioco che Mio aveva visto. Mostrava parecchie scene con ragazze nude e dei mosaici a coprirle. Era un gioco erotico, e per di più uno di quelli di addestramento…

Una dolce scena mattutina si era trasformata in un attimo in una situazione orribile.

«P-Perché c’è una cosa del genere nel mio letto?».

Basara aveva quindici anni. Non ricordava di aver mai comprato una cosa del genere. Tuttavia mentre Mio tremava sul pavimento:

«T-T-Tu… stavi giocando ad un gioco la notte in cui abbiamo iniziato a vivere insieme? Io lo sapevo… tu vuoi fare queste cose con noi, vero?».

«Cosa vuoi dire con il fatto che lo sapevi?! Comunque, in nessun caso io avrei mai… ahh…».

«Oh… oh… Ahhhhh!».

Quando Basara stava frettolosamente negando il possesso del gioco, aveva provato a scendere dal letto, ma aveva perso l’equilibrio. La parte inferiore del suo corpo era diventata insensibile a causa di Mio, che si era messa sopra di lui. Subito le era caduto addosso.

«Ah…».

La gravità non aveva avuto pietà. Si trovavano ad una distanza così breve da riuscire l’uno a sentire il respiro dell’altra. I loro volti erano vicinissimi, a tal punto da non riuscire più a parlare.

Sentiva il dolce profumo di una ragazza.

Nel momento in cui era caduto, entrambe le spalline del piccolo top erano scivolate lungo le braccia e il suo grande seno sembrava che stesse per fuoriuscire. A tal punto era esposto, che si intravedevano di sfuggita i capezzoli.

Inoltre, una delle ginocchia di Basara era tra le cosce di Mio, e se il suo ginocchio si fosse avvicinato di un altro solo millimetro a quei pantaloncini, lui avrebbe toccato un posto che non si sarebbe dovuto sfiorare in ogni caso.

E in quel silenzio di pochi istanti, i quali sembravano durare un’eternità, incapaci anche solo di rabbrividire da quanto fossero paralizzati:

«P… P…» Mio pronunciò a Basara un suono ripetuto.

«Pervertito!».

«Ehhhhh?!».

Mio diede una ginocchiata contro il plesso solare di Basara, facendolo volare, mentre lei si defilava.

Si fermò sulla porta, mentre lui si contorceva sul pavimento:

«L-La prossima volta che tenterai di fare qualcosa di malsano con me, ti ucciderò cento volte!».

Dopo aver gridato ciò, lasciò la stanza. Basara fu lasciato sulla sua stanza a contorcersi sul pavimento.

«Aspetta, è un equivoco…» mormorò gemendo sul pavimento. Ma tali parole arrivarono all’orecchio di nessuno.

Dalla cima del suo letto, l’adorabile ragazza sulla confezione lo guardava quasi lo prendesse in giro. L’eroina di “Youth Special Edition – La mia nuova sorellina e io”, faceva un sorriso gentile.

«Accidenti a te… papà. Mettere una cosa del genere nel mio letto». Dato che erano nel pieno delle vacanze estive, Basara scese le scale ancora in pigiama.

A dire il vero, Jin si sarebbe turbato se avesse fatto odiare Basara. Si sarebbe dovuto preoccupare del rischio di far saltare il nuovo matrimonio, no? Beh, a prescindere di come sarebbe finita quella storia, il matrimonio non sarebbe saltato per uno stupido malinteso.

«Per cominciare devo chiarire questo equivoco più tardi…».

Quando aprì la porta del soggiorno, un odore delizioso solleticò il suo olfatto.

Soprattutto il profumo di pane tostato aveva fatto svegliare il suo stomaco.

«Ah, Basara-san. Buongiorno».

In fondo alla sala, impiegata a cuocere in cucina, Maria lo aveva notato.

«Ah, sì. Buongiorno».

Basara abbassò un po’ lo sguardo. Apparentemente Mio non aveva ancora parlato riguardo all’equivoco di prima.

Jin e Mio non erano in salotto. Dovevano essere o al gabinetto o dentro il bagno. Con un sospiro di sollievo Basara si diresse in cucina.

«E… Hop!». Era incredibile vedere con quale facilità Maria gestiva quella grande padella pur avendo un corpo tanto piccolo.

Pur essendo la più piccola, Maria aveva iniziato a fare tutte le faccende di casa, in parte a causa del fatto che non stava andando a scuola. In ogni caso, non perdeva occasione per vantarsi e chiedere come avessero fatto a vivere senza di lei prima.

Maria indossava un grembiule bianco con degli orpelli, come una moglie appena sposata avrebbe fatto. Indossato dal giovane e piccolo corpo di Maria, emanava un qualcosa di erotico che lo turbò.

Basara aprì il frigorifero e prese il latte, che versò dentro una tazza che aveva preso prima.

«Per favore aspetta ancora un po’. Presto sarà pronto».

«Certo, che… Pffft!».

Inavvertitamente Basara aveva spruzzato fuori il latte che stava bevendo, dando alla luce un piccolo arcobaleno.

Questo perché aveva guardato Maria, la quale si era voltata verso di lui.

«Accidenti, l’hai versato. Sei già così malizioso al mattino, Basara- san».

Maria mostrava un sorriso calmo, e si avvicinò velocemente.

«E-Ehi! Aspetta, Maria-chan!».

Basara le aveva messo frettolosamente le mani davanti per fermarla.

«Eh? Che succede?».

Maria inclinò la testa. Era stato un gesto carino, come se fosse stata un pinguino. Facendo anche inclinare il corpo per farlo.

«Anche te, che cos’è quel vestito la mattina?».

Basara sottolineò la cosa. Dopotutto era nuda in un grembiule. Una vera ragazza nuda in un grembiule. Anche se erano nel ventunesimo secolo. Non andava bene, doveva calmarsi un po’. Si era comportata come un pinguino. Se pensava ad un pinguino nudo con un grembiule si sarebbe dovuto… come se potesse farlo!

«Ehm… qualcosa non va?».

Senza che Basara avesse il tempo per fermarla, Maria girò sul proprio posto. Tuttavia…

«Ah».

Maria stava indossando dei vestiti. Una combinazione di canotta e minigonna che da davanti nessuno avrebbe visto.

«Ah… capisco» disse Maria guardandosi e sorridendo, avendo appena capito cosa aveva fatto agitare Basara.

«Sei un adolescente, dopotutto, Basara-san… Era forse troppo stimolante per te? Ti sei eccitato?».

Certamente era stata una cosa abbastanza eccitante. In un senso patetico, però.

«Hai avuto qualche idea perversa?».

«No-No».

«Prego, puoi rimanere eccitato».

«Ahahah».

Basara si chiese se quella conversazione fosse un po’ strana per dei fratelli.

«Oh, giusto. Prima Mio era andata a svegliarti. Com’è andata?».

Non poteva dirle di aver ricevuto una ginocchiata prima di colazione, ma…

«No, no, non intendevo dire quello».

Maria scosse la mano con quello avendo un’espressione severa.

«Il software come questo che ho messo nel tuo letto di nascosto, Mio-chan l’ha visto?».

«COSÌ SEI STATA TU!».

Basara urlò subito. Aveva trovato il colpevole. E pensare che fosse Maria…

«Aver messo una cosa così rozza lì…».

«Per cosa sei arrabbiato? Per non aver familiarità nell’addestrare una nuova sorellina?».

«Non voglio avere familiarità con una cosa del genere! E poi perché devo addestrare lei, comunque!».

«Eh! M-Ma…».

Maria si trovò improvvisamente disorientata.

«Ma ad eccezione dell’addestramento non ci sono altri usi per una sorellina acquisita, no?».

«CI SONO! Aspetta… cosa intendi con “usi”?».

Oddio. Lui sapeva che le ragazze delle medie di questi tempi non potevano essere sottovalutate, ma che considerazioni ha verso la sorella maggiore, questa piccola loli?

Maria scosse i pugni selvaggiamente su e giù.

«M-Ma… non ti sembra un bel gioco? Alla fine, la tua sorellina acquisita diventa una tua schiava completa e solamente con l’allusione verbale fa una stupida espressione lussuriosa e schizza ovunque. Non dovresti imparare da ciò, Basara-san?».

«Non m’importa! Perché dovrei imparare da una cosa del genere?».

«Io… voglio dire… Ad eccezione del fare una stupida e lussuriosa espressione e schizzare ovunque, una sorellina acquisita non ha alcun’altra ragione per esistere…».

«Sì che ce l’ha! Ha molte ragioni!».

Le mie scuse a tutte le sorelline acquisite in 3D e 2D!

Ma poi gli sorse un dubbio.

«Ehm… Maria-san?».

Utilizzando una formulazione rispettosa, Basara iniziò a chiedere. Non ci voleva credere, ma poteva essere una possibilità.

«Quel gioco… è per caso tuo?».

Cosa avrebbe dovuto fare se fosse stato suo? Basara deglutì.

«Oh, per favore, Basara-san, come potrebbe essere mio? Frequento ancora le medie».

Maria si strinse le mani mentre rideva.

«Visto che ti stai prendendo cura di noi ora, era una sorta di regalo, Basara-san».

«Questo è il peggior modo di fare un regalo. Fai qualcosa di più decente».

«In poche parole stai dicendo “Questo gioco non mi soddisfa, dammi un corpo decente”».

«Eh?».

«Ho capito. Questo è imbarazzante, ma se è ciò che desideri, Basara- san…».

Di fronte a Basara, che aveva il fuoco negli occhi, Maria si tolse il grembiule. Timidamente raggiunse la minigonna e quando l’arrotolò iniziò di proposito a giocherellarci.

«Uh-Uhm… non ho familiarità con l’addestramento, ma iniziare di prima mattina è una cosa di livello piuttosto alto, non è vero?».

«Cosa stai facendo! L’addestramento di per sé è qualcosa di ingestibile per uno studente di scuola media e per un liceale!».

«Che è ‘sto putiferio?». Una voce proveniva dalla porta del salotto. Era Jin in pigiama, con tanto di giornale sottobraccio.

Basara stava cercando inutilmente di trovare una scusa, ma Maria lo precedette con un leggero imbarazzo.

«Ehm… in realtà avevo intenzione di ricevere il mio primo addestramento da Basara in questo momento».

«Ti ho già detto che non ho intenzione di…».

«… ah, è così».

Più tardi Mio entrò in salotto e lo guardò come se fosse un animale.

«Prima mi hai spinto a terra e ora fai quel gioco con Maria, eh?».

«Non farmi fare la parte del cattivo ragazzo! Le mie gambe erano semplicemente insensibili».

Poi Basara si ricordò di quello.

«Oh, giusto. Per quel gioco di prima… Maria l’aveva…».

«Eh? Che stai dicendo?».

Maria aveva fatto una faccia da finta tonta.

«Non so di cosa stai parlando, Basara-san. Ti prego di non darmi la colpa per i tuoi hobby».

«Ah… fai un volto innocente giusto ora, eh?».

Anche se lei non avesse messo una mano sul bordo della gonna ed non fosse stata pronta per un addestramento giusto un attimo prima, giusto per prenderlo in giro.

«Papà… dì qualcosa».

Padre e figlio avevano vissuto insieme per anni. Doveva capire i suoi pensieri. Al che, Jin, che era seduto al tavolo di fronte, sollevò la testa dal giornale e disse «Eh?» per poi appoggiare una mano al mento con fare pensieroso.

«Capisco che sei di buon umore per avere due intelligenti sorelline… ma per favore… niente crimini».

«Cosa avete tutti?!».

Così irragionevole, pensò Basara. Questa doveva essere casa sua, ma perché lo sentiva così distante?

 

 

Quando si inizia a vivere insieme, ci sono delle cose da tenere conto. In quello stesso giorno, di mattina avevano disfatto le valige del trasloco, e nel pomeriggio erano andati in un negozio a comprare cose necessarie come tende e lenzuola. Il negozio era così grande che solo a guardarsi intorno si perdeva un sacco di tempo. Quando tornarono a casa, il sole stava già tramontando.

Basara Toujou in quel momento stava pedalando in bicicletta.

Per conoscere un po’ meglio la nuova città aveva fatto il giro di tutto il quartiere.

«La sera è più rilassante».

Non stava parlando da solo, sul portapacchi dietro di lui sedeva Mio.

«Perché devo…» mormorò insoddisfatta lei mentre lo abbracciava lungo la vita. In sella con una ragazza, inoltre una con dei seni enormi. Un evento da cardiopalma per un uomo, ma l’atmosfera era comunque tesa.

«Non dire così… Non conosco la zona, anche se ci capito ogni tanto».

Il liceo che frequentava Mio era vicino alla casa in cui si erano trasferiti. Perciò, quando erano usciti, aveva chiesto a Mio di fargli fare un giro della città. Sembrava che avesse capito che il gioco sul letto trovato quella mattina fosse uno scherzo di Maria, ma il disagio di ciò che era accaduto non sarebbe scomparso tanto facilmente.

Mio apparentemente aveva avuto un’espressione dispiaciuta, e si era lamentata, ma alla fine aveva acconsentito ad accompagnarlo per quel giro.

«Ehi, Basara, veramente frequenterai la mia stessa scuola?».

«Così sembra».

Alla domanda che gli aveva fatto alle sue spalle, lui aveva risposto affermativamente.

Era stato Jin a suggerirgli di cambiare scuola. Avrebbe potuto anche continuare ad andare nella sua vecchia scuola, ma andando in quella di Mio ci arrivava a piedi. Aveva anche una buona fama, così aveva deciso di andarci.

Si sarebbe limitato a finire il liceo. Anche se abbandonare la sua vecchia classe non lo rendeva felice, non aveva rimpianti a lasciare la sua vecchia scuola.

E inoltre…

C’era la questione degli attacchi che aveva ricevuto Mio. Se lui poteva impedire o anche solo provare ad impedire che una cosa del genere potesse accadere, lui aveva tutte le ragioni del mondo per cambiare scuola.

Dietro di lui Mio aveva espresso un «Mhm…», non chiarendo se fosse felice o meno della cosa.

Basara e Mio sulla bicicletta lentamente avanzarono verso la città, dipinta di rosso a causa del tramonto.

«Ehi, ti posso chiedere che sogno hai fatto questa mattina?».

«Uh». Lo aveva chiesto improvvisamente con un tono informale. Basara si grattò la guancia. Prima Mio era venuta a svegliarlo, mentre stava facendo un orribile incubo. Dal punto di vista di Mio era una domanda ovvia.

L’ho fatta preoccupare per me.

Basara rimuginò su cosa dire, tenuto presente che Mio non lo stava assillando per avere una risposta.

Purtroppo non poteva dire ad una persona normale quello che gli era successo in passato, dunque rispose così.

«In passato… quando vivevo in campagna… sono successe un sacco di cose. E alcune sono state… traumatiche. A volte ancora oggi sogno quel periodo».

«Capisco».

Mio aveva risposto brevemente e non si era messa a protestare, nonostante la risposta non fosse stata esaustiva. Eppure il rapporto  tra i due sembra essersi ammorbidito. Deve essere successo a causa della preoccupazione di Mio.

Grazie.

Se Basara le avesse detto tutto, probabilmente non sarebbero stati capaci di vivere insieme un secondo di più.

Dal momento che gli avevano chiesto di comprare alcune cose visto che facevano un giro, Basara e Mio si diressero al supermercato.

«Abbiamo comprato un sacco di cose…».

Essendosi appena trasferiti, non solo non avevano il cibo basilare, ma anche di tutti i tipi di condimenti.

«Prima vado a prendere la bicicletta. Abbiamo un sacco di roba, ed è pesante. Così basta che arrivi all’uscita con il carrello e abbiamo fatto».

«Mmm… va bene».

Lasciando una Mio che aveva appena annuito, Basara si  diresse verso l’uscita.

Arrivò al parcheggio per le biciclette e fece scattare il lucchetto della sua bici. In quel momento…

«Ti posso chiedere che sogno hai fatto questa mattina?».

Ricordò le parole di Mio e l’orribile incubo che aveva fatto quella mattina come allucinazione creata dalla sua mente.

«…!».

Basara in quel momento dimenticò persino come respirare e premendo sul cuore, che era accelerato come per scoppiare, balzò in piedi.

Quanto sarebbe stato bello dimenticare! Ma non poteva permettersi un lusso del genere.

L’incidente di cinque anni fa. Basara era stato sia la vittima che il colpevole.

Pertanto Basara Toujou era pronto a portare quel fardello per tutta la vita.

«Oh, non va bene…».

Basara si era appena ricordato che Mio lo stava aspettando. Basara spinse la bici fino alla porta del negozio. Davanti a quella porta un gruppo aveva circondato Mio.

Basara fece una smorfia. Mio era circondata da quattro ragazzacci.

E Mio si stava scuotendo dal braccio che le era stato messo, con un po’ troppa confidenza, intorno al collo e aveva uno sguardo omicida.

«Non toccarmi! Ti ucciderò cento volte se mi tocchi! Ehi, Basara!». Che aggressività! Un normale ragazzo di liceo si sarebbe spaventato a vedere una cosa del genere, ma purtroppo non ebbe alcun effetto le sue parole su quei ragazzi. Sorridenti, non lasciavano in pace Mio.

«Ehm, che intenzioni avete verso la mia compagna?».

Quindi per adesso Basara aveva cercato di richiamarli pacificamente.

«…eh? Chi sei tu?».

«Beh, il suo compagno».

«Mmm… e allora?».

Eh? Non dovrebbe essere normale che uno faccia marcia indietro  nel vedere che una ragazza è insieme ad un altro ragazzo?

In quella tensione Mio lo guardò rigidamente.

…bene, e ora?

Quando Basara stava ancora cercando di capire cosa fare, il ragazzo più vicino gli si era avvicinato inclinando la testa e masticando rumorosamente la gomma. Chiaramente lo stava facendo o per minacciare o per provocare, ma comunque aveva fatto una gran bella faccia incazzata.

«Basara, eh? Che nome stupido…».

«Non tanto come la vostra faccia».

Dicendo questo senza provare piacere, Basara aveva tirato su il manubrio della bici, impennandola.

«Uh?».

Il ragazzo guardò la ruota davanti a lui e Basara abbassò la bici, dandogli un colpo diretto. Gemette e cadde all’indietro.

Questa cosa aveva lasciato tutti sbalorditi.

Basara fece passare velocemente e con naturalezza la bici tra i tre ragazzi rimasti, raggiungendo Mio. A quel punto aveva afferrato la borsa di stoffa contenente la roba che avevano comprato.

«Bastardo!».

Rendendosi conto di ciò che accadeva intorno a lui, prese una bottiglietta di condimento che avevano appena comprato e la aprì, gettando il suo contenuto contro i ragazzi che lo stavano per attaccare.

«Ahh… stro…nzo… Achoo!».

«I miei… i miei occhi! Fanno male! Achoo!». Beh, certo. Era il buon vecchio pepe da 298 yen.

«Ehi, smettila di stare lì sbalordita, e corri!».

«Eh?».

Afferrando la mano di una Mio confusa e presa la borsa contenente  la spesa, era scappato via.

In quel momento andarsene il più velocemente possibile da lì era la sua priorità. Basara aveva incautamente messo la borsa della spesa nel cestino anteriore della bici.

«Resisti, torneremo a casa».

Aveva lasciato che Mio sedesse dietro, ed erano fuggiti a tutta velocità. In quell’istante sentì un gemito provenire da sotto la ruota. Molto probabilmente era il ragazzo che aveva buttato a terra colpendolo con la bici. Poco male, non c’era tempo per preoccuparsi per lui, ora.

Basara si era alzato dal sellino per pedalare a tutta velocità.

Quindi si ritrovarono sulla strada principale per un po’. Dovevano aver smesso di seguirli. In quel momento il semaforo divenne rosso.

«Fuh… dovremmo essere al sicuro ora».

Trovandosi  anche   in   piena   estate,   Basara   stava   respirando affannosamente per la fatica con la fronte sudata.

«Mi dispiace. È colpa mia» disse Mio da dietro.

 

 

Mio aveva messo la fronte appoggiata alla schiena di Basara e aveva appoggiato il corpo di lei contro il suo. Basara voltò la testa portando il volto sopra la spalla e guardò Mio. Lei si stava tormentando per aver coinvolto Basara nei suoi guai, e i suoi occhi erano pieni di amarezza.

…così lei poteva fare anche una faccia del genere…

Quel nuovo lato di Mio era davanti ai suoi occhi. Ma Basara non voleva lasciare quell’espressione sul suo volto. Non sapeva però cosa dire. Comunque…

«Ehm… che ne dici di fare una piccola deviazione?».

In quel momento il semaforo diventò verde. Basara aveva ripreso il manubrio e aveva ricominciato a pedalare.

«Eh?» aveva esclamato Mio, sorpresa dalla deviazione.

Ma Basara non si era fermato. Era sera. Se ci fossero andati ora, sarebbero arrivati in un momento perfetto.

Il luogo dove Basara aveva portato Mio era un parco molto grande e curato.

In realtà esisteva anche un punto panoramico ufficiale, ma era famoso agli abitanti del posto e quindi Mio, che frequentava una scuola lì vicino, l’avrebbe dovuto conoscere. Quindi Basara aveva deciso di portarla in un luogo che si visita raramente.

Non era un vero e proprio punto panoramico, ma era comunque un luogo in cui ci si poteva godere il panorama con tutta la città.

«Oh…».

Mio guardando la città verso il basso aveva espresso un’esclamazione felice. Proprio come aveva pensato Basara, arrivarono in un momento perfetto, quando la città acquisiva un dolce colore rosso in quello splendido tramonto.

«È così bello… ma ti sei appena trasferito qui… come facevi a conoscere questo luogo?».

«Quando mio padre ha deciso la casa, ero con lui. Avevo sentito che il parco era famoso, così sono andato qui da solo mentre mio padre firmava i documenti. E per caso ho trovato questo posto».

Basara si affiancò a Mio.

«È una bella vista, non è vero?».

«Già… non sapevo che ci fosse un posto del genere qui…».

«Veniamoci di notte la prossima volta. Il parco a quell’ora è famoso e credo che anche questo posto non sarà una delusione».

Aveva suggerito un accordo per il futuro. Una sorta di promessa.

A ciò Mio rispose: «Già… Hai ragione. La prossima volta allora…». All’improvviso l’espressione di Mio si rabbuiò. Da lassù si riusciva a vedere anche il supermercato. Forse si era ricordata di ciò che era successo con quei ragazzi…

Basara si gratto la guancia con il dito.

«Ehm… questa mattina sei venuta a svegliarmi». Sentendo ciò, Mio lo guardò. Basara parlò lentamente.

«Vedi, una famiglia è probabilmente un posto dove i problemi e i fastidi verso chiunque possono essere perdonati».

«Eh…?».

«Per te, io sono una presenza benvoluta, visto che sei venuta a svegliarmi, no? Naturalmente la questione non è ancora certa, visto che i nostri genitori si devono ancora sposare, ma… stiamo comunque vivendo tutti insieme, aiutandoci a vicenda anche  per delle banalità e rispettandoci gli uni con gli altri. Credo che stiamo veramente diventando una famiglia».

Perché…

«Almeno quello che ho fatto al supermercato… credo che sia stata una cosa naturale da fare. E sono convinto che valga anche per mio padre. Se tu o Maria-chan continuerete ad avere questo tipo di problemi, sia mio padre che io vi aiuteremo in qualsiasi momento. Ma non è qualcosa che facciamo con preoccupazione o non volendo… voglio dire… è naturale per noi come venire a svegliarmi la mattina lo è stato per te».

In quel momento aveva cercato di mettere a parole quello che provava.

«…».

Tuttavia Mio chiuse la bocca e rimase in silenzio. Forse ci aveva girato troppo intorno?

…non ero mai stato bravo con le parole dopotutto.

In un momento simile, suo padre sarebbe riuscito a dire tutto con parole più chiare e semplici, ma suo malgrado, Basara non poteva parlare sicuramente come suo padre.

«Ehm, voglio dire…».

Facendo cadere lo sguardo aveva cercato di riaffermare quello che aveva detto, ma…

«Così sfacciato» borbottò Mio improvvisamente. Basara alzò lo sguardo, davanti a lui, lei sorrideva.

«In questo momento sei stato un po’ come un fratellone».

«Davvero?».

«Sì. Solo un po’, però».

Oh. Sembrava di buonumore.

«Allora che ne dici di perdonare gli incidenti che…».

«Non ancora» disse freddamente, ma la sua voce era ancora tranquilla. La tensione di prima sembrava un’illusione. Era quello che pensava Basara. Ma la strada per essere una vera e propria famiglia era ancora lunga.

Ma in quel momento, la distanza che aveva con Mio si era accorciata di un passo.

«È ora che torniamo. Mi sta venendo fame, tra l’altro».

Tornare nella stessa casa… come una famiglia. Basara si voltò verso la bicicletta che aveva parcheggiato.

«…sì. Maria e Jin-san ci staranno aspettando» disse Mio con calma.

Le loro due ombre avanzarono lentamente verso la stessa destinazione.

Ma…

«…».

Con la schiena di lei davanti, capace solo di vedere la sua ombra, Basara non poteva vedere l’espressione che Mio aveva in quel momento.

Un volto più triste di quello che aveva avuto prima.

 

 

Era passata una settimana da quando avevano iniziato a vivere insieme.

Erano rimasti com’erano, non distanziandosi dallo status di “Più che conoscenti, meno che familiari”.

Eppure, rispetto all’inizio, un sacco di disagio era scomparso. In quel momento…

«Ho scoperto che domani partirò per un lavoro all’estero e ci rimarrò per un po’».

«Eh?».

Quando erano appena rientrati a casa, proprio sulla soglia di casa, Basara aveva chiesto involontariamente delle spiegazioni alle parole improvvise di Jin.

Mio e Maria non potevano sentirli. In quel momento quelle due  erano in cucina a preparare la cena.

«Un cliente italiano vuole una foto dell’Arabia. Così sto facendo una rapida visita a Dubai».

Jin era un fotografo professionista. E come tale, da professionista qual era, a volte doveva andare all’estero, ma…

«Aspetta!».

Basara aveva inseguito frettolosamente Jin, che stava salendo le scale, dopo avergli dato un leggero colpetto sulla spalla.

«Cosa vuoi dire improvvisamente con “Dubai”?!».

Dopo, quando Jin era entrato nella sua stanza, Basara aveva chiesto altri dettagli, ma il padre non gli aveva detto molto.

«È un cliente di fiducia. Non ho molta scelta».

Preparando il lavoro del giorno successivo, Jin aveva montato l’obiettivo sulla macchina fotografica.

Jin era un famoso fotografo e aveva clienti in tutto il mondo. Il suo nome era piuttosto rinomato negli ambienti professionistici e le sue fotografie sono state considerate delle vere e proprie opere d’arte in campo naturalistico, come dei quadri. Aveva tantissimi fan, e il suo reddito annuale era superiore di una o due cifre a quello di un fotografo professionista medio.

«Lo so che i clienti sono importanti… ma non puoi rifiutare?».

Si trovavano in un periodo delicato visto che avevano appena iniziato a vivere insieme a Mio e Maria.

Se l’unico adulto avesse lasciato la casa, non avrebbe avuto alcun sostegno psicologico.

«Abbiamo già abbastanza denaro per vivere decentemente…».

«La fiducia è una cosa importante per un libero professionista. Se rifiuto, lui non mi chiederà più nemmeno una foto».

«Ma… tu sei il capofamiglia. Il tuo compito è proteggere questa famiglia».

«E questo è il motivo per cui sto andando. Ascolta, mentre non ci sono il tuo compito come figlio maggiore è proteggere questa famiglia».

«Questo è…».

Messa la situazione in quell’ottica, Basara non sapeva con cosa controbattere.

Jin appoggiò la mano sulla spalla di Basara. Sorrise.

«Non preoccuparti. Lo puoi fare. Dopotutto tu sei il figlio di cui vado veramente orgoglioso».

 

 

E venne la notte del giorno dopo.

«Ok, prendetevi cura della casa».

Con queste brevi parole, Jin se ne era andato via con un taxi.

«Accidenti…».

Basara abbassò lo sguardo verso l’oggetto che aveva in mano. Una foto che Jin gli aveva dato. Era l’immagine commemorativa di loro quattro davanti alla casa. L’avevano scattata il giorno prima.

Come previsto l’espressione di Basara sembrava ingessata.

«Mhm…?».

Tuttavia, Basara aveva improvvisamente notato che qualcosa non andava in quella foto.

In quello scatto Mio e Maria stavano sorridendo, eppure…

…che sia solo la mia immaginazione?

Probabilmente per un effetto della luce il volto di Mio sembrava un po’ triste. Lei si sarebbe davvero potuta preoccupare del fatto che l’unico adulto, Jin, non sarebbe stato a casa.

«…va bene».

Basara aveva lasciato la sua stanza con determinazione. Mentre stava scendendo le scale, rifletteva sull’ordinare sushi o anguilla per cena. Jin gli aveva dato la carta di credito e mangiare del cibo delizioso era un ottimo modo per rallegrare quei momenti.

Così Basara aprì la porta del salotto.

«Ehi ragazze, riguardo alla cena di stasera…».

Aveva potuto dire solo questo. Solo in quel momento era riuscito a notare l’atmosfera pesante che si respirava in quella stanza.

«…».

«…».

Mio, seduta sul divano, e Maria seduta su una sedia del tavolo da pranzo, erano rimaste tranquille alle parole di Basara. Ma c’era stata una reazione. Gli avevano gettato uno sguardo gelido.

Per questo fatto Basara sospirò stancamente.

E quindi erano arrivati a quel punto. Alla fine doveva succedere. Aveva pensato che fosse strano ottenere all’improvviso due sorelline sveglie, anche se c’era quel problema riguardo al loro carattere.

Era finalmente giunto il contraccolpo di tutta la fortuna che c’era stata fino a quel punto.

Comprensibile. Non solo erano stati lasciati soli dall’unico adulto, ma ora loro, ragazzi e ragazze, dovevano vivere da soli sotto lo  stesso tetto. Naturalmente sarebbero state caute dopo essersi ritrovate in una situazione di questo tipo, eppure…

«…».

«…».

Questo silenzio non stava durando un po’ troppo a lungo?

Era proprio come se ci fosse stato un’interruzione completa delle comunicazioni.

«Uhm… che ne dite di ordinare qualcosa, come sushi o dell’anguilla?».

Anche un ordine costoso sarebbe andato bene, ed era ciò che lui aveva suggerito in maniera garbata e gentile. Riguardo a questa cosa…

«…sai, Basara, ho un favore da chiederti».

Mio aveva finalmente aperto la bocca, anche se a denti stretti.

«Sì, certo. Di cosa si tratta? Se vuoi qualcosa, basta dirlo…». Basara subito si focalizzò su Mio.

Voleva un favore… quella cosa da poco lo aveva reso parecchio felice.

E dopo… Basara Toujou sentì il “favore” di Mio. Lo aveva detto con una voce fredda che penetrava fino in fondo alle ossa.

«Lascia questa casa».

Basara si pietrificò per un attimo per poi cercare di dire qualcosa.

«Ehm…».

Già. Era come sotto shock. Era un po’ sorpreso. Dopotutto gli aveva chiesto di uscire di casa senza alcun pretesto.

C’era un limite al discutere senza capirsi veramente.

«Scusa, puoi ripetere?».

In quel momento Basara sperò di aver capito male, pur non credendoci sul serio.

«…».

Dopodiché, Maria alzò delicatamente la mano verso la sua direzione. La mano si era sollevata per una domanda… no, non proprio. Il palmo della mano era rivolto verso Basara.

«Eh…?».

La mano di Maria brillava. In quel momento Basara era stato colpito da una sorta di raffica e lanciato contro il muro.

«Guah…!».

Un impatto di schiena. Per un attimo aveva perso il fiato, e si era messo a tossire violentemente. E là…

«…Basara-san, non hai sentito cosa ha detto Mio-sama?».

Non si sa come fosse arrivata fin lì ma Maria era proprio davanti a lui. Stava mostrando un’espressione spietata, che la faceva apparire diversa da come era stata fino a quel momento.

«Proprio ora… che dire… Chi sei?».

Sul repentino cambio di espressione di Basara… no, era una domanda inevitabile.

«Oh, sei rimasto piuttosto calmo» disse Maria un po’ sorpresa.

Le parole decisive che avrebbero cambiato la vita di Basara Toujou.

«Gli esseri umani, vedendo per la prima volta la magia, di solito cadono in preda al panico».

«Magia?».

Maria rispose con un «Sì» all’accigliato Basara.

«Credi forse che sia un prodotto delle favole o dell’immaginazione? La magia esiste veramente, e non solo la magia. Anche specie diverse dagli uomini esistono».

Nel momento in cui disse questo, qualcosa si diffuse lungo la schiena di Maria emanando una luce azzurra. Comparve ciò che gli umani decisamente non possedevano, delle ali nere, e rispetto a prima le sue orecchie divennero appuntite.

Non era umana. Anche chi non credeva nella loro esistenza sapeva il suo nome.

«Quindi sei un Demone?».

«Esatto».

Nel momento in cui aveva borbottato quella domanda, gli aveva risposto immediatamente.

Un’affermazione. Sul momento era riluttante a crederci, ma sembrava proprio che fosse così.

«E ci dobbiamo separare Basara-san. Mio-sama prenderà possesso di questa casa».

Maria lo aveva detto con superbia, mentre Mio non aveva detto più nulla dal “Lascia questa casa”.

Mio-sama, eh…

Maria aveva cambiato il modo di chiamare Mio, facendo capire a Basara il loro rapporto.

Per questo motivo chiese:

«Che cosa sta succedendo, Mio? Questo è opera tua?».

«Tieni a freno la lingua, Basara-san. Tu, un semplice essere umano, sei troppo irrispettoso verso il futuro Signore dei Demoni».

Di fianco a Basara, Maria aveva risposto alla sua domanda.

«Signore dei Demoni… lei?».

«Esiste la specie dei Demoni. È naturale che qualcuno la comandi. Proprio come i nostri acerrimi nemici, la Tribù di Dio, che ha Dio come sovrano. Tra l’altro, esistono anche i cosiddetti Eroi, anche se fondamentalmente vivono in un villaggio isolato e nascosto al mondo, così da non essere conosciuti dagli esseri umani».

«…».

Basara era rimasto in silenzio alla storia raccontata con calma da Maria. Anche se gli era stato detto tutte ciò, ancora non riusciva a credere in che razza di situazione si trovasse.

«Cosa ci fa il Signore dei Demoni in casa mia? Sono sicuro che una carica del genere comporti un enorme palazzo nel Regno dei Demoni».

«Ci sono delle circostanze particolari. Non te lo devo dire per forza. In ogni caso, Mio-sama ed io prenderemo questa casa… prenderemo questa casa per renderla la nostra base nel mondo umano».

Era stato tutto un piano per ottenere una base operativa nel mondo umano. Quindi…

«Allora il matrimonio tra i nostri genitori…».

«Non è mai esistito. Abbiamo incontrato per strada Jin-san per caso. Sembrava una brava persona e anche generosa, davvero… così ho alterato i suoi ricordi con la mia magia da succube».

Succube. Un Demone seducente con sembianze di donna e appare nei sogni. Se Maria era veramente una cosa del genere, non avrebbe avuto problemi a far apparire un sogno come realtà.

«Così hai ingannato mio padre con la magia, creando falsi ricordi, facendogli credere di aver incontrato tua madre, che nemmeno esiste, e che ci sarebbe stato un matrimonio…».

«Sì. E tu sei il prossimo, Basara-san». Dicendo questo alzò la mano verso Basara.

«Basara-san che se ne va di casa fino a quando Jin non ritorna, perché non si voleva adattare alla vita insieme a due ragazze, dopo che Jin se ne era andato. Una cosa del genere dovrebbe funzionare».

File:Shinmai Vol1 0044.jpg

Su questo Basara era rimasto in silenzio a guardare prima Maria e  poi Mio. Dopo ciò, Mio si era alzata da divano e aveva restituito lo sguardo di Basara.

«Mi dispiace, ma… prenderemo questa casa» disse lei con freddezza. Aveva lo stesso sguardo negli occhi di quando si era scontrata con quei delinquenti l’altro giorno.

«Subisci la magia di Maria ubbidientemente e uscirai subito da questa casa. Altrimenti mi metto ad urlare e i tuoi ricordi mostreranno tu che ci violenti e fidati… ti renderemo violento. A quel punto chiameremo la polizia. E tu non vuoi andare in cella per aver picchiato le tue sorelle, vero?».

«…capisco».

Basara guardò in basso alle parole di Mio, e diede solo uno sguardo breve e isolato.

Dopo di ciò, la mano di Maria di fronte a lui iniziò a brillare.

«Cosa gli riserverà il futuro, Mio-sama? Forse è l’estate, ma io mi sento un po’ dispiaciuta nel farlo dormire fuori. Che ritorni in campagna, dove è nato, a vivere con i suoi parenti… come ti sembra?».

«…sì, va bene» rispose Mio.

«Arrivederci, fratello. Non è durato molto, ma è stato divertente». Usando queste parole come un segnale, la luce sulla mano di Maria fu lanciata verso Basara.

Ciò che Maria aveva rilasciato era una magia tipica delle succubi che manipolavano i ricordi facendo vedere un sogno.

A causa di ciò, i ricordi di Basara si sarebbero alterati e lui avrebbe abbandonato quella casa, o almeno quello sarebbe dovuto succedere. Però…

«Oh?».

La magia che manipolava la memoria aveva sicuramente colpito Basara, eppure questo non si mosse.

…che strano.

Mentre inclinava la testa, lei era in procinto di lanciare un’ulteriore magia che manipolava la memoria verso Basara.

«Eh?».

Maria all’improvviso sbatté gli occhi. Basara, che sarebbe dovuto essere davanti a lei, era scomparso.

Considerando quanto fossero poche le probabilità, Maria si voltò subito verso il suo punto cieco.

Dopo di ciò, nel bel mezzo del salotto si trovava Basara.

In un attimo era arrivato alle sue spalle. Maria deglutì pensando a ciò.

«S-stai facendo resistenza? …poi sarà doloroso».

Mandò verso Basara uno sguardo feroce. Non voleva fargli male, ma adesso non c’era altra scelta. Maria pronunciò la stessa magia del vento che aveva usato prima e la lanciò.

La raffica prodotta si scagliò verso Basara. In quel momento… KEEEK!

Con un fragore acuto, la sua magia del vento era stata cancellata.

«Che cos…?».

Per un momento pensò di aver visto una linea bianca provenire da un lato. E un attimo dopo la sua magia era stata cancellata.

Maria guardò sorpresa.

Basara, davanti a lei, impugnava un’enorme spada. Che il suo braccio destro fosse coperto da un’armatura era dovuto alla spada stessa.

La forza dell’arma era tale da influire anche sul corpo di chi la usava.

«Di cosa sei sorpresa?».

Basara lentamente alzò la testa, guardandola con occhi taglienti. Quasi fosse una persona diversa.

«L’hai detto tu stessa, che esistono i Demoni come voi e i vostri nemici, la Tribù di Dio».

Un soffio di vento.

«E anche… che esiste una Tribù di Eroi».

«Impossibile… come?» chiese Mio accanto a lui a bocca aperta.

«Voglio dire… gli Eroi si tengono nascosti… perché sei qui, come un normale essere umano…».

«Non ve lo devo dire per forza».

Maria aveva dato a Basara uno sguardo sorpreso, il quale l’aveva con freddezza ignorata.

…come era potuto succedere…

Nessuna meraviglia sul fatto che la magia per manipolare la memoria non avesse funzionato. Una succube poteva solo manipolare i ricordi di chi aveva un potere magico inferiore, ovvero gli esseri umani, che non ne avevano per nulla. Non poteva funzionare sugli Eroi, esperti nello sconfiggere i Demoni.

Ma… Maria era più confusa su un’altra cosa che era accaduta prima. Impossibile, pensò. Ossia, l’azione che Basara aveva fatto un attimo prima.

Certo, Maria non aveva usato la magia del vento con  intenzioni letali. Voleva solo procurargli un po’ di dolore facendolo volare via… così l’aveva colpito con la magia di aviazione. Non era né dannosa, né potente. Non sarebbe stato strano se un eroe l’avesse respinta o interrotta.

Eppure, Basara aveva cancellato la magia con un colpo di spada. No, non era successo solo quello. Una volta che si attiva una magia, rimangono dei residui magici… non importa in che modo ci si protegga, quelli ci sono sempre. Della magia che Basara aveva tagliato non era rimasto nulla. Completamente cancellata. Come se non l’avesse mai lanciata.

«Io non ho… più… alcun legame con gli Eroi, né con i Demoni». Basara lentamente fece un passo avanti.

«Ma sfortunatamente per voi, non ho intenzione di essere sconfitto tanto facilmente».

Dicendo questo, Basara si spostò rapidamente.

Con la velocità di un dio, aveva colmato la distanza che li separava.

«…!».

Non andava bene. Maria si era mossa davanti a Mio per proteggerla. Nello stesso momento la spada di Basara scese su di loro.

«…».

Basara Toujou guardò le ragazze che stavano chiudendo ermeticamente i loro occhi, le ragazze che aveva provato a squarciare.

C’era lo spessore di un foglio di carta tra la spada di Basara e le loro teste.

«…ah».

Maria e Mio, rendendosi conto di essere al sicuro, caddero sul pavimento.

Le loro gambe avevano ceduto. Considerato ciò, Basara rimosse la materializzazione della sua spada magica, Brynhildr.

«Perché…».

Alla domanda di Mio, Basara diede loro le spalle senza proferire parola.

Lui provava una feroce rabbia verso di loro. Qualcosa che non avrebbe mai potuto perdonare. Tuttavia…

«…andatevene» mormorò Basara distaccato «Non mi importa se siete dei demoni, o il Signore dei Demoni. Ma la nostra famiglia non ha il tempo per mantenere chi inganna me e soprattutto mio padre. Ora vi lascerò andare. Più tardi vi manderò i vostri bagagli, quindi… andatevene».

 

Poi, dopo qualche minuto il salotto della famiglia Toujou era avvolto nel silenzio. Dopo aver ripreso forza nelle gambe, Maria e Mio avevano lasciato la casa.

Basara, riportando la sua spada Brynhildr nel suo status di standby, un ciondolo a catena, si sedette sul divano.

«…».

Digrignando i denti, si premeva la mano destra che non smetteva di tremare.

…va tutto okay.

Basara cercava disperatamente di autoconvincersi della cosa. Non aveva combattuto per un lungo periodo di tempo. Il gusto per quella cosa non era ancora tornato. Era stata una pura coincidenza il fatto di aver usato quell’abilità.

Cinque anni prima, Basara Toujou, quando era al villaggio degli Eroi, aveva causato un drammatico problema.

Un certo incidente aveva fatto mandare il suo potere fuori controllo. Inizialmente aveva provocato così tanti danni che gli sarebbe stato impossibile vivere come stava facendo in quel momento.

Eppure, a causa delle circostanze, era venuto fuori che dovesse lasciare il villaggio insieme a Jin. In poche parole, era stato esiliato. E venendo a Tokyo, padre e figlio avevano iniziato lo stile di vita sconosciuto della città.

«…dannazione» borbottò Basara con disgusto. Ma non contro Mio o Maria.

Naturalmente Basara Toujou non aveva alcuna intenzione di perdonarle. Era stato un fatto imperdonabile, il cercare di ingannare lui e Jin. Era un’altra cosa che non sopportava.

Lui era stato il ragazzo che era una volta chiamato come il più forte di tutti gli Eroi.

E un potere ancor più grande del suo, era quello di suo padre Jin.  Non era possibile che un uomo come lui fosse stato vittima del piano di Mio e Maria. Maria aveva detto che gli aveva modificato i ricordi con la magia, ma Jin avrebbe sicuramente respinto un attacco del genere.

Per quel motivo, Basara prese telefono e compose il numero del cellulare di Jin.

«Ciao, come va?».

Dopo che il telefono squillò per qualche secondo, la voce fin troppo familiare di Jin fuoriuscì dal telefono.

«Papà… hai un minuto?» rispose Basara a bassa voce.

«Certo. Il tassista è un tipo che non parla molto, quindi mi annoio». Mischiato nel tono casual di Jin, poteva sentire il rumore del vento. Probabilmente erano in autostrada. L’autista del taxi probabilmente poteva sentire la conversazione, ma Jin sarebbe stato in grado di inventare qualche scusa. Quindi…

«Perché l’hai fatto?» chiese Basara. Anche se aveva cercato di rimanere calmo, la rabbia risuonava nelle sue parole.

«È successo subito… hai già notato, vero? Mi aspettavo che ti ci volesse un po’ di più» Jin lo aveva detto liberamente e senza vergogna.

«Lo sapevo. Sapevi che erano demoni. Da quando?» chiese Basara impassibile, tenendo stretto il telefono.

«Fin dall’inizio. Sapevo di loro da prima che mi trovassero in città».

«…trovassero? Che vuoi dire…?».

Alle parole di Jin, Basara aggrottò la fronte. In fondo, Maria aveva detto di averlo incontrato per caso.

«Beh, sono sicuro che quelle due pensino che sia stata una coincidenza» disse Jin con un tono disinvolto «ma qualche tempo fa ho ricevuto la notizia che il villaggio avesse deciso di muoversi contro qualcosa. È successo cinque anni dopo che ce ne siamo  andati, quindi non doveva essere contro di noi, dopo tutto questo tempo… comunque ho deciso di tenere d’occhio la cosa per un po’. Ma la situazione non molto tempo fa è degenerata. Visto che non ero distante ho deciso di controllare chi fosse il bersaglio, giusto per sicurezza».

Il soffio del vento.

«Dopotutto gli anziani del villaggio avevano dato loro un livello di sorveglianza S-».

«S-? Quelle due?».

La tribù di Basara dava un livello di sorveglianza ai Demoni in base alla minaccia che rappresentavano. S- era tra i più alti, inferiore solo a S e S+.

…davvero?

I demoni di solito vivevano in mondo diverso da quello umano, chiamato Regno dei Demoni. Naturalmente alcuni di loro si erano avvicinati al mondo umano e avevano creato anche qualche problema, ma erano sempre stati demoni di basso livello. In sostanza, non lasciavano il loro mondo.

Perché al momento c’era una tregua tra Demoni e Eroi.

La lotta tra Demoni e Eroi era andata avanti da così tanto tempo che nessuna delle due parti sapeva quanto fosse durata. Ma quella era una situazione che era cambiata quando ancora Basara non era nato. La generazione di suo padre aveva messo la parola fine a tutto quello.

Il nuovo Signore dei Demoni aveva fatto un patto per una tregua tra i Demoni, la Tribù di Dio e gli Eroi, e tutti i Demoni si erano ritirati dal mondo umano.

In questo modo tutti i Demoni che erano fuggiti nel mondo umano erano tutti delle canaglie di basso livello, E o D, o con delle taglie sulle loro teste.

«Quelle due erano S-…» mormorò incredulo Basara. Poi guardò il palmo della mano destra.

Anche se fossero state solo… non aveva mai pensato di incontrare due di livello S in vita sua.

«Per essere precisi, Mio ha ottenuto un livello di sorveglianza di tipo S-. Maria è solo sotto sorveglianza come sua collaboratrice».

«Mio…».

In quel momento Basara aveva improvvisamente ricordato le parole di Maria, che aveva detto durante lo scontro che c’era stato in salotto. Anche se avevano abbassato la guardia non sapendo che era un Eroe, a suo giudizio, Mio non era stata poi un pericolo. Quindi aveva preso le parole di Maria come una minaccia inventata, ma…

«Quindi lei… è davvero il futuro Signore dei Demoni?».

Dicendo questo Basara continuava a negare quella possibilità… era impossibile, dopotutto.

«Voglio dire, il Signore dei Demoni è sempre stato un uomo. Anche ora è così».

Wilbert, il nome del corrente Signore dei Demoni, che aveva ritirato  i demoni dal mondo umano, era famoso per la sua politica moderata. In principio il nemico dei demoni era la Tribù di Dio, “acerrimi nemici” aveva detto Maria. Così i demoni, che vedevano gli esseri umani solo come insetti, avevano pensato di conquistare il mondo umano con lo scopo di usarlo per attaccare il Paradiso successivamente. Tra tutti i demoni, Wilbert fu l’unico moderato che si astenne a cercare vendetta contro gli Dei, e mostrò la strada per una pace nel Regno dei Demoni.

Soprattutto, la pace avrebbe impedito di colpire il genere umano incautamente. Ed era proprio per questo che negli ultimi sei anni il mondo dei demoni era stato tanto tranquillo.

Ma la voce di Jin al telefono aveva capovolto tutte le congetture di Basara.

«Il Signore dei Demoni Wilbert è morto… da quasi un anno, sembra».

«Eh…?».

In un primo momento Basara non riuscì a comprendere cosa significasse quella scioccante verità.

«Non ho mai sentito che fosse…».

«Perché abbiamo tagliato tutti i legami con il Villaggio. Ho scoperto la cosa solo recentemente».

E per di più Jin aggiunse: «Se te l’avessi detto senza pensarci troppo, avresti avuto quell’orribile incubo un’altra volta».

«Questo è…».

Basara   si    stoppò   inavvertitamente.  Dopotutto   aveva   avuto quell’incubo giusto l’altro giorno.

«Ma… ciò significa che Mio è il prossimo Signore dei Demoni?».

«No. Apparentemente un altro Demone nobile sta regnando al posto di Wilbert come Signore dei Demoni. E lui sembra appartenere agli estremisti. Sta cercando Mio, essendo lei l’unica figlia di Wilbert e l’erede del suo potere».

Il Signore dei Demoni Wilbert era famoso per la sua linea moderata, ma aveva anche il più forte potere del Regno dei Demoni, distinguendosi anche tra i precedenti Signori dei Demoni. Fu grazie a questo che riuscì a convincere gli altri Demoni a ritirarsi dal mondo umano. Se Mio aveva ereditato un simile potere…

«Aspetta un secondo…».

C’era ancora qualcosa che non capiva.

«Ho il quadro generale, ma perché hai accolto quelle due ora?». Questa cosa non aveva senso. In questo modo si sarebbero fatti nemici sia i Demoni che il Villaggio. E non aveva senso anche nell’ottica di aver nascosto a Basara la morte del Signore dei Demoni, temendo per lui.

«Ti avevo detto che dovevo controllare la situazione, no?».

Poi, con lo stesso tono informale di prima, Jin parlò di cose serie.

«La fazione moderata di Wilbert aveva un sacco di nemici. Per loro la figlia di Wilbert sarebbe stato l’ostaggio perfetto. Wilbert stesso aveva capito la cosa, preferendo una soluzione più sicura. Ho sentito che appena nata, ha mandato la figlia nel mondo umano in assoluta segretezza e l’ha fatta crescere come un essere umano da dei sottoposti che si sono finti i suoi genitori».

Il futuro di sua figlia prima della possibilità di stare insieme a lei… doveva essere stata una decisione molto dolorosa.

«Ma, ironia della sorte, dopo la morte di Wilbert il suo enorme potere fu trasferito a Mio Naruse, che aveva allontanato per farla stare al sicuro. Era una normale ragazza di scuola media in quel momento… sono sicuro che tu possa capire cosa è successo dopo».

 

 

Il nuovo Signore dei Demoni non poteva ignorare l’esistenza di Mio. Né i sottoposti che si erano finti i suoi genitori. In quel momento i genitori che l’avevano cresciuta erano scomparsi. Non era difficile da capire che tipo di tragedia avesse colpito quella ragazza.

«Come… come è potuto succedere…» aveva detto Basara a denti stretti.

«La nostra Tribù e i Demoni possono usare i poteri sovrannaturali perché conoscono le leggi e le forze che li regolano. Sei mesi fa, quella ragazza era solo una studentessa delle medie. Ora sa come usare il suo potere, più o meno, ma solo lei ha ereditato il potere del Signore dei Demoni e ancora questo non si è risvegliato del tutto. Ecco perché il villaggio ha posto su di lei un ordine di sorveglianza e non uno di eliminazione».

E come se ciò non bastasse, Jin aggiunse:

«La fazione moderata ha perso inoltre molto potere con la morte di Wilbert. Il fatto che Maria è la sua unica guardia del corpo lo dimostra. Purtroppo non credo che quelle due da sole possano affrontare l’attuale fazione del Signore dei Demoni. Se le lasciamo sole moriranno, prima o poi».

«Così, hai finto di essere stato manipolato…». Aveva finalmente capito le intenzioni di Jin. Basara sospirò, e gridò poi al telefono:

«Maledetto imbecille, avresti dovuto dirmelo prima!». Così Basara avrebbe potuto aiutare nella questione.

«Scusami, ma avevo deciso di fin dall’inizio di trattare voi tre allo stesso modo» disse Jin ridendo «Ho nascosto sia che loro fossero Demoni, che noi fossimo Eroi. Se un lato avesse saputo prima dell’altro la verità, l’altro avrebbe potuto credere di essere stato ingannato e non ci sarebbe stata fiducia. Ma se entrambe le parti fossero state all’oscuro, allora una volta scoperta la verità entrambe le parti sarebbero state delle vittime. Così facendo sareste stati uniti,

voi ragazzi. E io, sapendo tutto, sarei stato additato come l’unico colpevole».

«Quindi l’offerta di lavoro era una bugia?».

Se la questione fosse stata solo proteggere Mio e Maria, stare con loro per Jin sarebbe stata la scelta migliore. Se nonostante ciò Jin li aveva lasciati, voleva dire che aveva un buon motivo per farlo.

«Beh, credo che sia così. Mi dispiace, ma dovevo controllare un paio di cose. Quindi starò fuori, nel Regno dei Demoni, per un po’».

Ciò significava andare oltre il fronte nemico. Certo, Jin era stato considerato come l’Eroe più forte a suo tempo, e tra varie grandi battaglie era stato nel Regno dei Demoni molte volte, però…

«È sicuro?».

«Sì, non preoccuparti. Non posso dirti i dettagli, ma voglio solo entrare in contatto con una persona. Se tutto va bene, Mio dovrebbe trovarsi fuori dai guai».

Ah-ah. Quindi sarebbe andato alla fonte del problema. Quindi…

«Ok, lascia fare a me. Mi occuperò della questione».

«Conto su di te, figliolo. Quindi? Come stanno le ragazze? Beh, a giudicare dalla situazione, immagino che…».

Jin stava ancora dicendo qualcosa, ma Basara aveva riattaccato. E subito si era mosso verso l’uscita della casa.

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